LEGGETE! SCRIVETE! INSEGNATE!
L'alunno Pennacchioni è duro di comprendonio. L'alunno Pennacchioni è gravemente carente in tutte le discipline. L'alunno Pennacchioni ha difficoltà di memoria e di apprendimento.
L'alunno Pennacchioni, Pennacchioni Daniel altri non è che lo scrittore Daniel Pennac,fantastico narratore con un passato da insegnante.
Ebbene si, Daniel Pennac andava male, malissimo a scuola, e ce lo racconta nel suo "Diario di scuola", romanzo che mescola autobiografia e riflessioni, ricordi di uno scaldabanco e pensieri di uomo adulto.
Partendo dal mal di scuola, dai mal di pancia simulati, Pennac reifica la figura del "ciuccio a scuola", la nobilita senza incensarla, ce la para davanti con tutta la sua portata a volte dolorosa a volte ironica e sfottente come solo un grande narratore sa fare, scrivendo un romanzo a più voci.
Quella della madre novantenne ancora disperata per gli insuccessi del figlio, una madre che ancora non può credere che un somaro come lui ce l'abbia fatta, si alterna all'angoscia del rampollo che si sente colpevole, che cerca una giustificazione, un appiglio dove ancorare la sua testa di scolaro vagante. Eppure è cresciuto in una famiglia "normale", tre fratelli diplomati, persino una biblioteca di famiglia...
Eppure ignora la maiuscole, sentinelle severe che si intromettono intralciando la lettura, creando un istantaneo oblio. Battaglie, fiumi, capitali del mondo...nemici inespugnabili sottolineati in rosso da maestri inflessibili e poco solerti a star dietro alle fantasie di un bambino che disegna omini in fuga sui margini dei libri.
La fuga del somaro in un Io accettabile agli altri, quello che conosce a memoria la tabellina dell'8 senza trucchetto, che sa i verbi a menadito. Persino il trapassato remoto!
Ma il somaro Pennacchioni è anche insolente! Al somaro quantomeno si chiede di essere discreto, umiliato e offeso. Pennacchioni è ridanciano, vivace, e non ha alcuna voglia di ammansire e compiacere il maestro orco. Nutre risentimento. Nutre odio. Un odio che si teme diventi delinquenziale, di quella delinquenza che nasce quando la furbizia ha la meglio su tutti gli altri possibili sbocchi dell'intelligenza.
Cresce il senso di inadeguatezza, la solitudine. Cosa sarà mai in futuro uno che non va bene a scuola? Al massimo può sviluppare la passione per il fallimento...
Si alimenta in questa maniera il senso di smarrimento dell'asino in mezzo ai suoni dei congiuntivi e condizionali, delle subordinate e delle principali, dei grandi trattati e delle costellazioni.
Come un Napoleone ritratto sempre più alto della sua reale stazza, la somaraggine viene sopravvalutata, merce di scambio per proiezioni altrui varie ed assortite, genitori che non vogliono fallire, onta di famiglia che va negata fino alla morte, crimine estremo, colpa dei compagni complici, colpa degli insegnanti insensibili. Colpa comunque.
C'è un colpevole, bisogna scovarlo, nasconderlo, torturarlo, annientarlo, costringerlo al silenzio.
E poi c'è l'insegnante salvifico, quello che sa usare il presente indicativo, effettivo, quello del qui ed ora, che non prospetta catastrofi, che scava cunicoli nelle insicurezze per colmarli di rassicurazione.
Quello che non simmetrizza, che non brandisce il passato come una macchia da lavare e il futuro come una minaccia incombente. Quello che non sta dall'altra parte ad imporre castighi divini.
Quello che dà anche al somaro uno status, un ruolo che esula dai rimbrotti familiari. Quello che ci crede. Quello che lascia che si diventi, qualsiasi cosa essa sia, consapevole del fatto che la classe è un'orchestra con i suoi tempi e i suoi strumenti. Dove ognuno fa il suo assolo, dove il maestro scende dal suo podio per stringere mani anche a chi fa solo "tin tin" per un secondo del concerto con il suo triangolo ammaccato, perché nella vita tutti diventeranno, non solo i primi violini.
Roberta Paraggio
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